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giovedì 12 settembre 2013

Genitori condannati a morte: i diritti dei bambini


Quando un bambino vive la condizione di avere i genitori condannati a morte o giustiziati, il suo stato mentale si deteriora e la salute fisica corre seri rischi. Sperimenterà spesso la discriminazione, soprattutto nel caso in cui la condanna sia nota pubblicamente.
Dal momento che la pena di morte colpisce in modo sproporzionato coloro che appartengono ai gruppi più poveri o emarginati, la discriminazione può aggravarsi. Se il bambino è reso orfano o viene privato del sostegno e delle cure di un genitore, la sua condizione può diventare drastica. Capita spesso che i bambini debbano smettere di andare a scuola e iniziare a lavorare per mantenersi. Tale situazione rende così il bambino particolarmente vulnerabile e quindi maggiormente esposto ad abusi, negligenza e sfruttamento.
In alcuni Stati, il detenuto e la sua famiglia non ricevono alcuna informazione circa l’esecuzione.
L’11 Settembre scorso, in una tavola rotonda dinanzi al Consiglio dei Diritti Umani – moderata da Remigiusz Henczel, che presiede il Consiglio – esperti provenienti da settori diversi hanno discusso della condizione in cui vivono i figli dei giustiziati o dei condannati a morte e degli effetti nocivi  di tale situazione.
Nel suo discorso iniziale, che ha introdotto il panel, Flavia Pansieri ha fornito le linee generali della questione e una visione d’insieme sulla problematica che sarebbe stata trattata. 
Il Vice Alto Commissario per i Diritti Umani ha ricordato che lo Stato in cui la pena di morte non sia stata abolita ha comunque il dovere di rispettare Diritto Internazionale, che comprende anche il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione sui Diritti del Fanciullo. Lo Stato che ancora legittima la pena di morte deve necessariamente tenere in considerazione le conseguenze che tale atto provoca sulla società in generale, in particolare sui figli e sulle famiglie dei condannati.
Aprendo la discussione, Jorge Cardona Llorens – membro del Comitato per i Diritti del Bambino – ha incentrato il suo discorso sulla necessità, per uno Stato, di agire sempre nel "migliore interesse del bambino" in tutte le questioni che lo influenzano direttamente o indirettamente, anche quando un genitore è condannato a morte. Se l’interesse del bambino è una priorità, la condanna a morte di un genitore non sarebbe una soluzione ragionevole, in quanto chiaramente in contrasto col benessere del bambino stesso.
A prendere la parola dopo Cardona, la Dottoressa Sandra Jones, un’assistente sociale la cui ricerca si concentra principalmente sui figli di detenuti nel braccio della morte.
Secondo la sua esperienza, i bambini si emarginano, isolandosi dai coetanei e dal resto dei membri della famiglia, privandosi così della possibilità di piangere la perdita prima e dopo che i propri genitori siano giustiziati.
Nisreen Zerikat, del Centro Nazionale della Giordania per i Diritti Umani, ha affermato che persino una moratoria sulla pena di morte avrebbe un grave impatto sui bambini, che  vivrebbero in una situazione di continua attesa, non conoscendo la data dell’esecuzione della sentenza. Ha inoltre suggerito una stretta collaborazione tra Governi, ONG e scuole, per la prevenzione di episodi di bullismo da parte di altri bambini o di insegnanti.
Francis Ssuubi ha riportato la sua esperienza in Uganda, dove ha condotto un programma per i figli di condannati a morte. I bambini, ha spiegato, sono maggiormente esposti al rischio di essere sacrificati per accuse di stregoneria e diventano ancora più vulnerabili ad aggressioni e stupri, dal momento che nessuno è disponibile a proteggerli.
Il dialogo interattivo tra Stati membri e ONG è stato per la maggior parte incentrato sulla richiesta di abolizione della pena di morte, sulle violazioni dei diritti umani e sulle terribili conseguenze per i bambini. L’Italia ha espresso la sua preoccupazione circa l’argomento, affermando che i bambini che hanno visto i propri genitori uccisi attraverso la pena di morte, hanno maggiori probabilità di diventare criminali a loro volta. 
Il panel e il dialogo interattivo che ne è seguito hanno posto sotto i riflettori le vittime della pena di morte, troppo spesso dimenticate o ignorate dalla società. Avere un genitore condannato a morte rende questi bambini particolarmente vulnerabili, bisognosi di sostegno e di cure. Resta la speranza che, anche in seguito a tale dialogo, gli Stati cambino il loro approccio nei loro confronti, identificandoli a loro volta come vittime in questa situazione.

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