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giovedì 12 novembre 2015

Lo Statuto di Roma e la Corte Penale Internazionale.


L´11 novembre 2015 abbiamo partecipato alla conferenza „Lo Statuto di Roma, responsabilità e protezione nel campo dei diritti umani“, organizzata dalle Missioni Permanenti della Danimarca e di Cipro alle Nazioni Unite, a Palais de Nations.
I pannellisti erano la giudice Silvia Alejandra Fernandez de Gurmendi, Presidente della Corte Penale Internazionale (ICC), Zeid Ra’ad Al Hussein, Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Claudio Grossman, Presidente del Comitato contro la Tortura, Dr. David Donat Cattin, Segretario Generale dell´Associazione Parlamentarians for Global Action, l´ambasciatore Christopher Onyanga Aparr, Rappresentante permanente dell´Uganda alle Nazioni Unite a Ginevra e l´ambasciatrice Elayne Whyte Gomez, Rappresentante permanente della Costa Rica alle Nazioni Unite a Ginevra.
Nella conferenza si è discusso come lo Statuto di Roma e la Corte Penale Internazionale possano contribuire a creare una maggiore responsabilità internazionale rispetto a gravi violazioni dei diritti umani. Accedere allo Statuto di Roma rafforza la responsabilità giudiziaria internazionale e l´abilità degli stati di prevenire possibili violazioni dei diritti umani? Durante i conflitti, esiste un dilemma tra la ricerca della responsabilità e l´iniziazione di un processo di pace?
I membri del panel hanno discusso l´importanza dello Statuto di Roma e della Corte Penale Internazionale.
La ICC ha una natura globale, non ancora universale, anche se è inevitabile che lo diventi. La ICC ha una funzione complementare, cioè interviene solo quando lo stato coopera. I procuratori possono decidere chi perseguire ma sono gli stati membri a dover concludere il lavoro. La Corte deve intervenire perché alcuni stati non hanno la capacità o la volontà di portare avanti processi giuridici. Per questo è molto importante potenziare la capacità degli stati.
Un terzo degli stati membri delle Nazioni Unite non ha adottato lo Statuto di Roma, molti perché hanno concezioni sbagliate rispetto alla Corte. Alcuni paesi temono che le ONG possano portare i presidenti degli stati davanti alla Corte, ma questo non è lo scopo della ICC. La Corte non monitora le violazioni da parte degli stati perché questo è il compito della Revisione Periodica Universale che formula anche raccomandazioni per lo Statuto di Roma e per rafforzare i sistemi giudiziari nazionali. La ICC segue il Modello di Norimberga, quindi persegue i più grandi colpevoli di violazioni dei diritti umani, cioè quelli che hanno responsabilità maggiori. Altri sostengono erroneamente che la Corte non rispetti i diritti umani; i giudici invece cercano di contenersi e procedono con estrema cautela rispetto alla decisione della punizione. Inoltre, rispetto al Comitato contro la Tortura, la ICC ha una definizione di tortura e trattamenti inumani.
La Corte necessita un´accettazione universale affinché i colpevoli non trovino alcun luogo sicuro e si possa raggiungere la pace dopo che le vittime sono coscienti che giustizia è stata fatta. Anche durante i conflitti, la responsabilità è parte della soluzione. Ogni processo di negoziazione deve trovare un equilibrio tra la giustizia e la pace; quando un problema è consegnato nelle mani di un giudice, il dialogo politico viene smorzato e può diventare più oggettivo.

I Paesi devono promuovere l´universalità della Corte e potenziare le loro capacità a livello nazionale. Infatti, solo essendo universale, la Corte può espandere la sua portata e migliorare la sua efficacia. La ICC necessita della cooperazione internazionale per dar fine all´eccesso di violazioni dei diritti umani. Come ha detto l´Alto Commissario: “Serve molto tempo alle persone per capire che il mondo deve cambiare, DEVE cambiare”.

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