L´11 novembre 2015 abbiamo partecipato alla conferenza „Lo Statuto di Roma, responsabilità e protezione nel campo dei diritti umani“, organizzata dalle Missioni Permanenti della Danimarca e di Cipro alle Nazioni Unite, a Palais de Nations.
I pannellisti
erano la giudice Silvia Alejandra Fernandez de Gurmendi, Presidente della Corte Penale Internazionale (ICC), Zeid Ra’ad Al
Hussein, Alto Commissario per i Diritti
Umani delle Nazioni Unite, Claudio Grossman, Presidente del Comitato contro la Tortura, Dr. David Donat Cattin, Segretario Generale dell´Associazione
Parlamentarians for Global Action, l´ambasciatore Christopher Onyanga
Aparr, Rappresentante permanente
dell´Uganda alle Nazioni Unite a Ginevra e l´ambasciatrice Elayne Whyte
Gomez, Rappresentante permanente della
Costa Rica alle Nazioni Unite a Ginevra.
Nella conferenza
si è discusso come lo Statuto di Roma e la Corte Penale Internazionale possano
contribuire a creare una maggiore responsabilità internazionale rispetto a
gravi violazioni dei diritti umani. Accedere allo Statuto di Roma rafforza la responsabilità
giudiziaria internazionale e l´abilità degli stati di prevenire possibili violazioni
dei diritti umani? Durante i conflitti, esiste un dilemma tra la ricerca della responsabilità
e l´iniziazione di un processo di pace?
I membri del
panel hanno discusso l´importanza dello Statuto di Roma e della Corte Penale
Internazionale.
La ICC ha una
natura globale, non ancora universale, anche se è inevitabile che lo diventi.
La ICC ha una funzione complementare, cioè interviene solo quando lo stato
coopera. I procuratori possono decidere chi perseguire ma sono gli stati membri
a dover concludere il lavoro. La Corte deve intervenire perché alcuni stati non
hanno la capacità o la volontà di portare avanti processi giuridici. Per questo
è molto importante potenziare la capacità degli stati.
Un terzo degli
stati membri delle Nazioni Unite non ha adottato lo Statuto di Roma, molti
perché hanno concezioni sbagliate rispetto alla Corte. Alcuni paesi temono che
le ONG possano portare i presidenti degli stati davanti alla Corte, ma questo
non è lo scopo della ICC. La Corte non monitora le violazioni da parte degli
stati perché questo è il compito della Revisione Periodica Universale che
formula anche raccomandazioni per lo Statuto di Roma e per rafforzare i sistemi
giudiziari nazionali. La ICC segue il Modello di Norimberga, quindi persegue i più
grandi colpevoli di violazioni dei diritti umani, cioè quelli che hanno responsabilità
maggiori. Altri sostengono erroneamente che la Corte non rispetti i diritti
umani; i giudici invece cercano di contenersi e procedono con estrema cautela
rispetto alla decisione della punizione. Inoltre, rispetto al Comitato contro
la Tortura, la ICC ha una definizione di tortura e trattamenti inumani.
La Corte
necessita un´accettazione universale affinché i colpevoli non trovino alcun
luogo sicuro e si possa raggiungere la pace dopo che le vittime sono coscienti
che giustizia è stata fatta. Anche durante i conflitti, la responsabilità è
parte della soluzione. Ogni processo di negoziazione deve trovare un equilibrio
tra la giustizia e la pace; quando un problema è consegnato nelle mani di un
giudice, il dialogo politico viene smorzato e può diventare più oggettivo.
I Paesi devono
promuovere l´universalità della Corte e potenziare le loro capacità a livello
nazionale. Infatti, solo essendo universale, la Corte può espandere la sua
portata e migliorare la sua efficacia. La ICC necessita della cooperazione
internazionale per dar fine all´eccesso di violazioni dei diritti umani. Come
ha detto l´Alto Commissario: “Serve molto tempo alle persone per capire che il
mondo deve cambiare, DEVE cambiare”.
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