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sabato 28 settembre 2013

Si conclude la 24° sessione del Consiglio dei Diritti Umani. Vecchie questioni e nuove sfide.



        La 24sima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, iniziata il 9 settembre scorso a Ginevra, volge al termine. Per il Consiglio, il cui mandato è quello di promuovere il rispetto e la protezione dei diritti umani in tutti gli Stati aderenti alle Nazioni Unite, è tempo di tirare le somme e valutare i risultati raggiunti. 
È stata la sessione che ha visto la Siria tristemente protagonista, con i milioni di civili costretti ad allontanamenti di massa a causa di gravi violazioni del diritto umanitario, in un momento critico per la storia degli equilibri internazionali. È stata la sessione che ha ricordato, durante il dibattito generale su Israele e i Territori Occupati, che nella Cisgiordania la vita continua a essere disumana per i palestinesi. È stata la sessione di temi sempre “caldi”, come i diritti dei bambini in situazioni di conflitti armati o quelli dei figli dei condannati a morte, la situazione delle popolazioni indigene, la condizione delle donne e le discriminazioni di genere, le forme di schiavitù moderna. È stata anche la sessione dei dialoghi interattivi con lo Special Rapporteur sulla situazione dei diritti umani in Cambogia e con gli Esperti Indipendenti per la Somalia e per il Sudan.
La Cambogia, in bilico tra i primi passi mossi verso la democrazia e le continue limitazioni delle libertà fondamentali da parte del Governo di Phnom Penh. La Somalia e i suoi tentativi verso una parvenza di normalità tramite l’attuazione di una road map post-transizione, anche se terribili violazioni persistono e la strada per radicare i diritti umani nel Paese è ancora lunga. Mentre l’infinita tragedia umanitaria in Sudan e le violazioni dei diritti umani in Darfur parlano da sé.
Il 27 settembre, data della conclusione dell’attuale sessione del Consiglio, la Sala XX di Palais des Nations è gremita. Presenti Ambasciatori e delegazioni degli Stati membri e osservatori, ma anche tanti rappresentanti delle ONG. Dopo che il Presidente del Consiglio Hecnzel dichiara aperta la seduta, si prosegue con lo svolgimento dell’Item 3, Item 5 e Item 9,  per cui vengono circoscritti gli estremi di tutte le proposte fatte, si definiscono le co-sponsorship e si procede alle votazioni per l’adozione o il rifiuto delle risoluzioni e dei relativi emendamenti. Fino a terminare con l’Item 1 e le procedure relative alla conclusione del Consiglio.
Il Consiglio rappresenta un’occasione per un’attenta analisi e una riflessione critica sull’attuazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che nel 1948 proclamava “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili” come “fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”. Un documento che definisce il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani come “atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità.” Un documento ancora amaramente attuale, nel suo mancato rispetto in troppe occasioni della Storia contemporanea.
Da questa 24sima sessione è emerso un impegno concreto, da parte dei Governi e dell’intera società civile, per la promozione della democrazia e dello stato di diritto, che si esplica soprattutto attraverso la volontà di un’efficace azione comune. Nella sala XX ci si confronta, si vive la tensione della discussione, l’apprensione per le decisioni, l’impegno per la difesa delle proprie posizioni. Ma è anche un luogo d’incontro. È questo, in fondo, il “miracolo” del Consiglio. Come una grande carta geografica che si stende sotto l’egida delle Nazioni Unite: uomini e donne che rappresentano ciascuno il proprio
Stato, con la sua linea politica, le sue storiche tendenze e l’orientamento dei propri valori. Rappresentano il mondo, col suo gioco di alleanze e di inimicizie. Ma riuniti nel Consiglio, hanno anche l’occasione di scoprirsi come persone, come individui impegnati nello sviluppo di un mondo fatto di uomini e non solo di politica, legislazione e burocrazia, per dimostrare che un dialogo è possibile.
Nella sala XX, ancora una volta, hanno risuonato quelle voci che altrimenti sarebbero rimaste inascoltate, quelle di individui che pensano liberamente e che si rifiutano di rimanere in silenzio. Perché la strada verso un radicamento dei diritti umani nelle società del mondo è ancora lunga. Discriminazione, intolleranza, ingiustizia, oppressione e schiavitù sono ancora all’ordine del giorno per tante popolazioni del mondo, costrette a subire abusi di vario genere, in Paesi dove la legge naturale continua a essere calpestata dalle forze al potere.  
 “Dove cominciano dopotutto i diritti umani universali?”, chiedeva al mondo Eleanor Roosevelt. Forse non abbiamo mai pensato di definirli, perché diamo per scontato che essi ci appartengano.  Sono quei diritti che ci spettano per il semplice fatto di essere uomini, quelli che dovrebbero essere imprescindibili e valere e per ognuno, dovunque. È triste, purtroppo, dover ancora usare il condizionale.
Sempre attuale il monito di Ban Ki Moon, Segretario delle Nazioni Unite, in occasione dell’apertura della quarta sessione del Consiglio, nel Marzo 2007: "Tutte le vittime di violazioni dei diritti umani dovrebbero guardare al Consiglio come a un forum e trampolino di lancio per l'azione." E magari nel Marzo 2014, data della prossima sessione del Consiglio a Ginevra, nuove storie sui progressi compiuti in favore del riconoscimento dei diritti dell’uomo potranno essere raccontate e ascoltate, a dimostrazione che i diritti umani non sono una lezione di storia o inchiostro sulla carta, ma responsabilità che tutti gli uomini condividono, nella ricerca di un’uguaglianza di giustizia, di opportunità e di dignità senza discriminazioni.









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