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mercoledì 30 ottobre 2013

BENTORNATO, ISRAELE! Israele si ripresenta al Consiglio dei Diritti Umani, non senza riserve.


Il 14 Maggio 2012, Israele aveva deciso di sospendere le relazioni con il Consiglio dei Diritti Umani, diventando così uno degli Stati più controversi presso le Nazioni Unite a Ginevra. Vista la sua assenza alla propria Revisione Periodica Universale (UPR) il 29 gennaio 2013, l’incontro era stato posticipato al 29 ottobre. Israele è stato la prima Nazione ad assumere un tale comportamento. Di conseguenza, la comunità internazionale ha mostrato le sue preoccupazioni per il futuro e la legittimità del processo dell’UPR.


A seguito di negoziati con il Presidente del Consiglio dei Diritti Umani e dopo le continue pressioni a livello internazionale da parte degli Stati membri, due giorni prima della data concordata, il governo israeliano ha confermato la sua partecipazione, presentando il rapporto nazionale appena un giorno prima della riunione. Tale atteggiamento, insolito alle Nazioni Unite,  è stato fortemente criticato durante la sessione della UPR.

Di fronte a una sala colma di persone, S.E. Eviatar Manor, rappresentante della Missione Permanente di Israele presso le Nazioni Unite a Ginevra, ha aperto il suo discorso dichiarando che Israele aveva deciso di sospendere le sue relazioni con il Consiglio dei Diritti Umani a causa delle discriminazioni subite. A questo proposito, è stato citato l’esempio dell’Item 7 dell’Agenda, che tratta solo la situazione dei diritti umani in Israele. 

Stando alle parole di Manor, "non è stata una decisione facile", quella di presentarsi alla Revisione, dal momento che Israele non potrebbe ricevere trattamento più ingiusto di quello avuto. L’ambasciatore ha riconosciuto che Israele non è un paese perfetto, come il resto dei Paesi, ma ha osservato come si stia cercando di migliorare i diritti umani in Medio Oriente. Shai Nitzan, Vice Procuratore Generale Ministero della Giustizia di Israele, ha evidenziato la collaborazione esistente tra il governo e le ONG in Israele per combattere il terrorismo e l'importanza di un sistema  democratico in Israele.

Dei 73 Paesi che hanno preso la parola, quasi tutti hanno espresso la propria preoccupazione circa l’assenza prolungata di Israele dal Consiglio dei Diritti Umani. Temi principali della discussione sono stati l’occupazione della Palestina, il blocco della Striscia di Gaza, le infrastrutture in Cisgiordania, la discriminazione delle minoranze, il diritto all’auto-determinazione, all’educazione e alla giustizia tra i giovani. I Paesi arabi sono stati i più critici riguardo alle scelte e alle azioni compiute da Israele, non solo all’interno delle Nazioni Unite, ma anche in Medio Oriente. Hanno sottolineato con forza le violazioni dei diritti dei rifugiati, la questione della liberazione dei prigionieri e della libertà di religione. Durante il suo intervento, nel corso della discussione, il rappresentante della Palestina ha dichiarato: "Israele capisce solo il linguaggio della pressione." La Siria, dal canto suo, ha raccomandato il rispetto delle differenze culturali dei siriani che vivono nelle Alture del Golan. Dall’altra parte, gli Stati Uniti si sono congratulati con Israele per la decisione di presentarsi nuovamente di fronte al Consiglio dei Diritti Umani, sostenendo la sua tradizione di valori democratici, le elezioni libere e la sua società aperta.

Dopo tutte le polemiche generate da un tale dibattito e le avversità incontrate alla revisione, è necessario enfatizzare l'importanza delle Nazioni Unite, che dovrebbero essere considerate come un luogo in cui gli Stati possono affrontare e risolvere i loro problemi attraverso il dialogo. Questa, però, non è certo la fase finale, bensì solo l'inizio. La difesa dei diritti umani non è un’utopia, e l'azione è il modo migliore per dimostrarlo.

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